LUOGHI E PANORAMI NASCOSTI. Falerone una finestra sui Sibillini.
Falerone è un comune di circa 3.500 abitanti della provincia di Fermo. Il centro romano di Falerio Picenus sorgeva nella valle del Tenna, alla sinistra del fiume, in un comprensorio territoriale intensamente frequentato già in età preromana.
La città, che venne monumentalizzata a partire dall’età augustea, fu un centro fiorente fino al IV sec. d.C.; lo stemma raffigurante un’armatura medievale, ricorda la dominazione del paese da parte della locale Signoria di feudatari sassoni, eredi di un popolo tradizionalmente bellicoso e votato alla guerra, che crearono una proprio stato dominando su 30 castelli della media-alta Val di Tenna, facendo di Falerone la loro capitale.
Nello stemma oltre all’elmo con pennacchio, agli spallacci e ai fiancali di protezione, compare uno scudo sannitico. Ha al suo interno una banda rossa su sfondo blu con su scritto S.P.Q.F. e ricorda la grandezza e lo splendore della città romana di Falerio Picenus, sorta in questo comune nel 29 a.C. e che non risultava inferiore, per importanza, alla vicina città di Fermo.
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La forte presenza francescana a Falerone è documentata fin dal XIII secolo, mentre l’attività monastica e la presenza di monaci e piccole abbazie su queste terre, risale all’epoca longobarda. Un primo convento di monaci sorgeva in contrada Piagge, in prossimità di una antica chiesa longobarda detta di San Giovanni (oggi distrutta), poco distante dal luogo dove ancora oggi, sorge la millenaria Chiesa di San Paolino anch’essa di età longobarda.
Inoltre, erano edifici abbaziali, oltre ad essere luoghi di culto, le Chiese di Santa Margherita e di Santo Stefano; la prima dipendeva dai monaci di San Pietro in Ferentillo, la seconda rappresentava la Pieve principale dell’antica diocesi di Falerone (oggi scomparsa insieme alla pieve).
I primi Francescani si stabilirono a Falerone a metà del XIII secolo, fondando un loro monastero sul colle del Cimitero costruendo la loro Chiesa dedicata al patrono del Paese (da qui la denominazione del luogo: colle San Fortunato). Solo nel 1292 i Francescani si inurbarono dentro le mura, trasferendosi presso la Chiesa di Santa Maria ribattezzandola nel 1352 Chiesa di San Fortunato, anche se ancora oggi i faleronesi la chiamano di San Francesco (al momento chiusa causa sisma 2016). È della stessa epoca la costruzione del monastero annesso. La Chiesa sul colle rimase tale finché non venne abbattuta per far posto alla cappella del Cimitero; il titolo di San Fortunato venne trasferito alla Chiesa di San Francesco che ancora oggi è ricordata come Tempio di San Fortunato detto di San Francesco. Nel 1542, alcuni monaci appartenenti all’ordine dei Clareni abbandonarono il convento delle Piaggie e fondarono una Chiesina su un colle presso il Paese, dedicandola alla Madonna degli Angeli e costruendovi una residenza annessa (Da notare l’affresco interno alla chiesa, sopra all’altare maggiore, opera di Vincenzo Pagani).
Tra le persone legate a Falerone, va ricordato Oliverotto Euffreducci, detto Oliverotto da Fermo (1473-1502) signore di Fermo e Falerone, che tentò di imporre una signoria su Fermo, ma venne assassinato da Cesare Borgia; evento narrato da Niccolò Machiavelli nel “Principe”.
Le attrazioni principali di Falerone sono il Parco archeologico, il Museo Civico Archeologico allestito nei locali dell’ex convento dei frati Francescani, adiacente la Chiesa di San Fortunato, ed il Teatro Romano, sede di stagioni teatrali e della rassegna TAU/Teatri Antichi Uniti.
Il centro storico, i monumenti e i musei del Comune sono parzialmente fruibili. Per informazioni scrivere al Numero Verde del Turismo della Regione Marche (numeroverde.turismo@regione.marche.it) o contattare i telefoni indicati sotto.
Da Visitare:
Teatro Romano
Il teatro risale al I sec. a.c., costruito in epoca Augustea. Di esso possiamo ancora ammirare i primi due ordini di cavea, l’orchestra e i due ingressi laterali, il proscenio e quello che rimane dell’apparato scenico. Poteva contenere 1600 posti a sedere. In epoca romana era utilizzato come luogo di svago, di iniziative culturali , di circolazione di idee e di opinioni politiche.
Tra le particolarità del teatro si può ammirare la Roverella , Quercus Pubescens, un monumento naturale censito dalla forestale. Le dimensioni sono di: apertura di chioma 33,20m, circonferenza 5,16m, altezza 29m.
Anfiteatro
La costruzione risale ad un periodo posteriore a quello del teatro, collocabile nella seconda metà del I sec. d.C. Situato nella zona occidentale dell’antica città, ad oggi sono visibili solo alcuni settori del muro perimetrale sufficienti, tuttavia, alla comprensione della poderosa struttura che poteva contenere fino a 5000 spettatori.
Acquedotto
Lungo il tratto nord dell’antico cardo, ricalcato nell’attuale via del pozzo, sono visibili i resti dell’acquedotto, comunemente chiamato i “Bagni della Regina”. La struttura è a pianta trapezoidale, divisa in tre vasche e adibita alla distribuzione delle acque. Nell’opera Città romane: Falerio Picenus ( pag. 28)di L. Maraldi si legge: “Le tecniche costruttive*, utilizzate per la loro costruzione, suggerirebbero un medesimo inquadramento cronologico sia per il serbatoio e sia per il teatro fra gli ultimi anni del I sec. a.C. e i primi decenni del I sec. d.C.” (* alternanza di corsi di laterizi e selci identica a quella del muro perimetrale della cavea e delle paradoi del teatro, le identiche misure di laterizi e delle selci, lo stesso tipo di argilla, lo stesso spessore della malta.).
Cisterna
Dopo l’imbocco di via dell’anfiteatro sono visibili i resti di una cisterna in calcestruzzo.
Intorno al 1930 è stata usata come base per costruire un’abitazione e ad oggi restano visibili soltanto i muri perimetrali. In quanto alla datazione, l’uso del paramento laterizio suggerisce l’età imperiale.